Meno oppiacei in Canada e negli USA, aiuto al trattamento dei sintomi dell’Alzheimer e del Parkinson, Fibromialgia… i riferimenti scientifici sull’utilizzo della cannabis e del CBD in medicina.
Fonte dell’articolo e per approfondimenti:
https://www.fuoriluogo.it/rubriche/la-cannabis-che-cura/la-cannabis-che-cura-gennaio-2021/
Meno oppiacei con la cannabis in Canada
L’uso di cannabis medica ha ridotto l’uso di farmaci oppiacei e al contempo ha migliorato la qualità della vita in un campione di 1145 pazienti canadesi afferenti a 21 centri di prescrizione. Al tempo zero gli oppiacei erano utilizzati dal 28% dei partecipanti, percentuale che scendeva all’11% dopo sei mesi di uso di cannabis. La dose di oppiacei giornaliera scendeva da 152 mg equivalenti di morfina a 32,2 a sei mesi, cioè una riduzione del 78%. Riduzioni simili sono state registrate in altre quattro classi di farmaci, e nello stesso tempo si è avuto un miglioramento statisticamente significativo dei parametri di qualità della vita.
https://academic.oup.com/painmedicine/advance-article-abstract/doi/10.1093/pm/pnaa396/6053211?redirectedFrom=fulltext
Meno oppiacei con la cannabis negli USA
Uno studio simile al precedente è stato svolto negli USA in tre dispensari medici di cannabis. E’ stato proposto un questionario online al quale hanno risposto 1181 pazienti; 656 sono stati esclusi in quanto non assumevano oppiacei in concomitanza o non rientravano nella diagnosi di dolore cronico. Rimanevano così 525 pazienti ai quali erano stati prescritti oppiacei per almeno tre mesi. Il 40,4% dei pazienti aveva stoppato tutti gli oppiacei dopo assunzione della cannabis, e solo 1,1% aveva dovuto aumentarli.ça maggioranza, il 60%, manteneva a un anno questo cambiamento di terapia. Circa la metà riferiva una riduzione del dolore. La maggioranza inoltre del 40-100% del dolore. La maggioranza inoltre (80%) riferiva miglioramento della funzionalità l’87% miglioramento della qualità della vita. Il 62% non voleva più assumere oppiacei nel futuro. Si è inoltre visto che, nonostante questi cambiamenti non fossero correlati all’età e al sesso, i più giovani riportavano un miglioramento maggiore della funzionalità rispetto ai gruppi di età media o avanzata.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7781576/ll’inade
Fibromialgia e CBD
Un sondaggio anonimo è stato portato a termine su 2701 pazienti, in maggioranza americani, riguardo l’uso di CBD. Il 38,1% dei pazienti non aveva mai usato CBD, il 29,4% lo aveva usato in passato e il 32,4% lo usava attualmente. Gli utilizzatori lo facevano a causa dell’inadeguata risposta al dolore da parte di altri farmaci, mentre chi non lo usava lo faceva per preoccupazione sulla sicurezza. I partecipanti usavano CBD per numerosi sintomi correlati alla fibromialgia, in particolare il dolore, ansia e sonno, e generalmente riferivano miglioramento con scarsi effetti collaterali. Il 30-40% riferiva molto o moltissimo miglioramento.
https://www.jpain.org/article/S1526-5900(20)30117-6/fulltext
Parkinson e CBD
A tredici pazienti del Colorado affetti da Parkinson è stato somministrato l’estratto Epidiolex. Tutti riferivano effetti collaterali, come diarrea, sonnolenza, fatica, vertigini, dolore addominale e cefalea, comunque questi effetti erano di media entità, non seri. In undici c’è stato un aumento degli enzimi epatici nelle analisi in cinque pazienti, solo in un caso sintomatico. Tre non hanno terminato lo studio per intolleranza al CBD. Negli altri c’è invece stato un miglioramento sia nei punteggi motori che nel sonno che negli stati emotivi.
Leehey MA, Liu Y, Hart F, Epstein C, Cook M, Sillau S, Klawitter J, Newman H, Sempio C, Forman L, Seeberger L, Klepitskaya O, Baud Z, Bainbridge J. Safety and Tolerability of Cannabidiol in Parkinson Disease: An Open Label, Dose-Escalation Study. Cannabis Cannabinoid Res 2020;5(4):326-336.
Grave neuropatia diabetica; caso clinico
L’articolo descrive il caso clinico di un sessantaduenne ex tossicodipendente da eroina (aveva smesso da dieci anni) con grave dolore neuropatico da diabete accompagnato da emaciazione. I farmaci provati erano stati tutti inutili, “Il suo viso esprimeva la sua agonia e il disperato bisogno di aiuto”. invece la cannabis è riuscita a ridurre il dolore, ha aumentato la massa muscolare e l’ha rinforzata, consentendo al paziente di alzarsi in piedi e a rimettersi a camminare. Quattro mesi dopo aver iniziato la cannabis, un estratto in olio di sativa e Indica contenete pari quantità di THC e CBD, il peso del paziente era aumentato di dieci chili con aumento dell’appetito. Il sonno era tornato ristoratore, e il punteggio del dolore era sceso da 7-8 su 10 a 2. Per quanto riguarda il rischio di abuso, non vi era nessun “craving” di aumento della dose, e dai test effettuati non vi era alcun rischio di dipendenza da cannabis. L’articolo riporta anche il pensiero del paziente: “È stata la mia anziana madre che venuta strisciando in casa mia, “implorandomi” di provare quest’ultima possibilità e iniziare la cannabis… E’ stato come se avessi trovato un tesoro. La mia autostima è tornata dopo diversi mesi vissuti come uno zombie”
https://edm.bioscientifica.com/view/journals/edm/2020/1/EDM20-0108.xml
Alzheimer, il punto di vista delle persone che se ne prendono cura
Un sondaggio è stato svolto in Polonia su 73 “caregivers” di persone con morbo di Alzheimer. La vasta maggioranza riteneva che il CBD era efficace nel controllo dei sintomi della malattia e che i medici dovrebbero proporre il CBD come parte del trattamento.
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0965229921000017?via%3Dihub