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news Buenavita cannabis Milano
24 Feb

Il Vero Aroma della Cannabis: i Terpeni

I terpeni conferiscono alle varietà di cannabis i loro sapori caratteristici. Sono gli oli aromatici che la pianta produce e che danno ad una varietà un gusto fruttato o di menta, un aroma di terra o di agrumi oppure un odore di formaggio.
I terpeni conferiscono alle piante di cannabis il loro sapore e odore unici. I ricercatori ora dimostrano che essi potrebbero anche avere un ruolo sugli effetti di ciascuna varietà.

Si è scoperto che i terpeni possono influenzare la quantità di THC e CBD che entra nel cervello attraverso la barriera emato-encefalica. Ancora più importante, la scienza ha dimostrato che i terpeni possono influenzare direttamente i neurotrasmettitori del cervello in vari modi.
È importante anche ricordare che non tutti i tipi di terpeni funzionano allo stesso modo. Alcuni tipi possono influenzare il cervello in modo da farci rilassare, mentre altri hanno l’effetto opposto, aumentando i nostri livelli di umore e di energia.

Questi risultati , che mostrano il ruolo dei terpeni nella produzione di vari tipi di euforia, stanno ora elevando l’industria, la ricerca e la coltivazione della cannabis a nuovi e promettenti livelli. I terpeni stanno diventando l’obiettivo su cui vale la pena concentrarsi, non solo per gli intenditori che sono alla ricerca di un certo sapore, ma anche per coloro che desiderano comprendere e massimizzare gli effetti della marijuana. L’industria della cannabis terapeutica, in particolare, è interessata agli effetti dei terpeni e alla loro sinergia con i cannabinoidi.
I terpeni fanno spazio ad una nuova e interessante ricerca: ora possiamo influenzare direttamente i livelli di euforia e “sintonizzare” l’erba in base alle nostre esigenze.
Aggiungendo limonene, per esempio, si può ottenere un effetto stimolante. Allo stesso modo, possiamo aggiungere linalolo se vogliamo un effetto più rilassante e sedativo dalla pianta.
I laboratori stanno iniziando a testare le varietà non solo per i livelli di THC e CBD, ma anche per il loro contenuto di terpeni. Quando abbiamo capito quali tipi di terpeni sono presenti in una particolare varietà, siamo in grado di sapere in anticipo i suoi effetti.
La comprensione dei terpeni apre le porte a nuovi livelli di ricerca medica sugli effetti della cannabis. Questo significa nuove opportunità di esplorazione per coltivatori e banche dei semi. Si può ipotizzare che non passerà molto tempo prima che l’odore di una varietà contenga informazioni sufficienti per riuscire a predire il suo particolare effetto!

TERPENI COMUNI NELLA MARIJUANA:

IlMIRCENE è il terpene che si trova più frequentemente nella marijuana, e crea la maggior parte degli oli aromatici nelle varietà di cannabis. Il mircene si può trovare anche in alcune altre piante come il luppolo. Alcuni paragonano l’aroma di mircene a quello dei chiodi di garofano. È noto per avere proprietà anti-infiammatorie, anti-batteriche e antidolorifiche (analgesiche). Il mircene ha un effetto sedativo, calmante e rilassante.

LIMONENE
Dopo il mircene, il limonene è il secondo terpene più comune che troviamo nella marijuana. Come suggerisce il nome, ha un forte odore di agrumi. È noto per le sue proprietà antimicotiche e anti-batteriche. La ricerca suggerisce che il limonene funzioni anche come anti-cancerogeno e che possa aiutare a prevenire la crescita di tumori. Le varietà Haze sono una grande fonte di questo tipo di terpeni.

EUCALIPTOLO
L’eucaliptolo è il terpene che si trova nell’olio essenziale di eucalipto. Ha un odore fresco di menta. Si pensa abbia proprietà antidolorifiche oltre alla capacità di migliorare la concentrazione. Per questa ragione, si trova spesso nelle piante utilizzate per la meditazione.

NEROLIDOLO
Il nerolidolo si trova in zenzero, citronella e niaouli. Viene utilizzato come agente aromatizzante e in profumeria. Ha un aroma legnoso, di terra fresca, che ricorda la corteccia. In termini di benefici terapeutici, si pensa che il nerolidolo possa essere antimicotico ed è efficace per il trattamento della malaria. Il nerolidolo ha un effetto sedativo e rilassante.

PINENE
il PINENE ha un profumo che ricorda pini e abeti. Molte piante contengono pinene; per esempio, rosmarino e salvia. Questo terpene è noto per aver proprietà anti-infiammatorie e antisettiche locali. È anche noto come espettorante e ha un effetto di allargamento sui bronchi. La ricerca ha dimostrato che il pinene può influenzare positivamente la nostra memoria.

IL NOSTRO CONSIGLIO:
– Secondo noi sarebbe meglio dubitare di fiori che al tatto risultano umidi, dall’odore un po’ artefatto. Consigliamo sempre di informarsi sul brand che si vuole acquistare per evitare prodotti “imbevuti” di aromi sintetici.

Tags: Curiosità, Economia, Mercato, Uncategorized
  • Posted on Febbraio 24, 2018
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24 Feb

Fibromialgia e CBD il reale beneficio

Pareri medici e casi clinici riguardo l’uso del CBD contro la fibromialgia.

“Terapia del dolore e CBD

Fibromialgia e CBD! Qual’è il reale beneficio? Oramai l’utilizzo del CBD a scopo terapeutico è diventato un argomento sempre più diffuso in Italia. Dopo la regolamentazione da parte dello stato italiano sulla cannabis sativa c’è stato un reale interessamento sull’uso della cannabis light e soprattutto del CBD come terapia del dolore. La ricerca scientifica mondiale è seriamente attiva sull’utilizzo del CBD nell’approccio terapeutico e scientifico al trattamento del dolore. 

Come si comporta il CBD nei confronti del nostro corpo?

La cannabis produce naturalmente centinaia di cannabinoidi e terpenoidi che interagiscono in maniera benefica con l’organismo umano. Il sistema endocannabinoide (ECS) nel corpo umano è una complessa rete di recettori dei cannabinoidi naturalmente presenti nel nostro sistema nervoso, all’interno del cervello umano ed in generale in tutto il corpo. Questo complesso sistema recettivo interagisce con i composti del cannabis.

Il sistema endocannabinoide svolge un’importante funzione nel nostro organismo, regolando funzioni vitali come umore, ritmo del sonno, infiammazione, appetito, sensazione del dolore, memoria e molti altri. La cannabis produce diversi tipi di cannabinoidi che sono noti per adattarsi ai recettori dei cannabinoidi presenti nel sistema endocannabinoide – ed hanno perciò la capacità di attivare l’organismo per fargli eseguire diversi processi.

I due principali recettori di cannabinoidi presenti nel sistema endocannabinoide sono i CB1 e i CB2.

I recettori CB1 si trovano soprattutto nel cervello sui neuroni, nel sistema nervoso, ed in certi organi e tessuti come la milza e il cuore. I recettori CB2 li incontriamo principalmente su cellule immunitarie chiamate Microglia, dove la loro funzione resta perlopiù incerta; svolgono comunque un ruolo di analgesico nel cervello.

Attualmente stiamo giusto cominciando a capire come una deficienza di endocannabinoidi nell’organismo può essere connessa ad una serie di sintomi quali: rigidità muscolare, dolore cronico e rigidità muscolare estesa, affaticamento ed emicranie, problemi delle funzioni intestinali e urinarie, insonnia e disturbi del sonno, depressione e umore basso. Non c’è da meravigliarsi sul fatto che la cannabis abbia effetti positivi sulla salute quando si considerino questi semplici fatti.

I cannabinoidi semplicemente collaborano con le funzioni del sistema endocannabinoide all’interno dell’organismo.

CBD E FIBROMIALGIA

Sono stati effettuati ancora pochi studi in pazienti con Fibromialgia. L’uso della cannabis nella malattia non solo allevia il dolore ma agisce anche sui sintomi associati a questa sindrome, con miglioramento del sonno nell’81%. “Deficienze nei livelli di cannabinoidi potrebbero essere la causa soggiacente di numerose patologie alleviate dalla cannabis” – scrive Ethan Russo, consigliere capo alla GW Pharmaceuticals, in una estensione del suo articolo originale sulla carenza clinica di endocannabinoidi (CEDC), in cui ha fatto notare che il sistema endocannabinoide collega il nostro cervello con certe parti del corpo e certe funzioni; per cui, uno squilibrio di cannabinoidi nell’organismo potrebbe causare disturbi nella comunicazione.

Ci sono casi clinici di persone affette da fibromialgia che hanno spiegato come l’olio di cbdpossa essere un sollievo al dolore provocato da questa patologia.

L’olio di CBD non è un farmaco. Non eliminerà il dolore. L’olio di CBD può alleviare la sofferenza. In poche parole l’olio di cbd non è un oki! L’utilizzo giornaliero di questo prodotto inizierà a portare un alleviamento del dolore grazie all’attivazione dei recettori assopiti presenti nel nostro organismo. In giro di una settimana si potranno vedere i reali benefici di questa terapia del dolore. Su questo link potrete leggere (in inglese) un case history riguardo all’utilizzo dell’olio di cbd contro la fibromialgia.

Terapia del dolore e Olio di CBD

Ripetiamo. L’olio di CBD non è un farmaco! Non eliminerà completamente il dolore! L’utilizzo quotidiano e prolungato di olio di cbd garantisce un beneficio fisico attraverso un alleviamento del dolore provocato dalla fibromialgia. Il quantitativo di olio di cbd da assumere durante il giorno è personale. Come è personale la scelta della percentuale di cbd presente nell’olio che andrete ad usare. Ovviamente più forte è il dolore, maggiore è la quantità necessaria di cbd da assumere. Ricordiamo che i cannabinoidi non creano dipendenza e che il CBD in particolare non va ad agire sulle capacità mentali del nostro cervello, in quanto non psico-attivo.”

Cbweed spera che grazie a questo articolo sarà in grada di aiutare persone affette da questa patologia.

fonte: https://cbweed.com/fibromialgia-cbd-quale-reale-beneficio/

Tags: Benessere, Salute
  • Posted on Febbraio 24, 2018
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24 Feb

Storia di una Foglia: la canapa e il suo passato

Cannabis Sativa o Canapa è un genere di pianta a fiore che insieme al luppolo fa parte della famiglia delle Cannabinacee.
Esistono tre tipi di sottospecie di Cannabis:

Cannabis Indica, che cresce spontaneamente nei paesi del sud, è alta circa un metro ed è ricca di resina;
Cannabis Sativa propriamente detta, che cresce nei paesi del nord, è alta fino a sei metri ed ha un fogliame più rado;
Cannabis ruderalis la quale raggiunge una minore altezza, ma è più resistente a climi estremi.
Dal punto di vista botanico la Cannabis Indica produce una maggiore quantità di cannabinoidi (fra cui THC e CBD), mentre la Cannabis Sativa ne produce pochissimi e per-tanto viene utilizzata per la produzione di fibra tessile o cordami.

Origine etimologica Marjiuana
La parola con cui è maggiormente conosciuta questa pianta, ovvero Marjiuana, deve l’ampia diffusione del termine al volgarizzamento messicano del nome latino Cannabis che venne usato a partire dagli anni ’30 del 1900 e sotto la spinta dell’allora commissario dell’Agenzia federale sui narcotici degli Stati Uniti Harry Jacob Anslinger per demonizzare la pianta associando il suo consumo alla minoranza etnica dei messicani.

La campagna mediatica diffuse paura e sospetto intorno alla Canapa e contribuì alla promulgazione del Marijuana Tax Act che negli Stati Uniti impedì di fatto la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, anche a scopo medicamentoso, tassando pesantemente ogni transa-zione commerciale.

La canapa nell’ Antichità
corda-canapaNel 1997, una corda di canapa risalente al XXVII secolo a.c (quasi 27 mila anni prima di Cristo) fu trovata in Cecoslovacchia, facendo di essa il più antico oggetto conosciuto legato alla Cannabis mai rinvenuto.
Tra l’8000 e il 4000 a.c (ovvero tra i 10.000 e i 6.000 anni fa) stando al ritrovamento di fibre tessili, semi, olii e corde in Taiwan, Cina e in Asia Centrale (Uzbekistan e Turkestan) la Canapa fu presente come coltivazione fiorente e massiva in questi paesi.

Alcuni manufatti artigianali, reperti archeologici vari e vestiti di Canapa sono stati ritrovati lungo la valle del fiume Giallo in Cina Settentrionale, terra d’insediamento della cultura neolitica di Yangshao tra il 5000 a.c e il 3000 a.c.

Il primo uso della Cannabis come medicinale viene fatto risalire però al 2.737 a.c, ad opera dell’imperatore cinese Shen Nung che è considerato il padre della moderna medicina cinese e che scoprì le proprietà terapeutiche, antiinfiammatorie e antireumatiche della Canapa insieme a quelle del Ginseng e dell’Efedra, piante che al giorno d’oggi sono considerate mainstream. Nell’antica Cina, da quel momento in avanti, si usarono tutte le parti della Canapa: la radice come medicinale, lo stelo per i tes-suti, il cordame e la produzione di carta, i semi per l’alimentazione in quanto ricchi di oli, i fiori come medicine psicoattive.

Dalla Cina, nel 2000 a.c, gli agricoltori di cannabis stanziati sulla costa portarono la pianta in Co-rea mentre fu esportata in India per mano degli Ariani, un gruppo arcaico di lingua indo-europea originaria dell’Asia Centrale che invase la regione subcontinentale indiana dell’Asia centro-meridionale nel II millennio a.c. Loro usavano preparare una bevanda, Bhang, unendo la cannabis al latte e usandolo come anestetico.

La Cannabis fu da allora usata in India per guarire una vasta gamma di malattie umane. Anche gli utilizzi nella Cul-tura egiziana sono antichi: nel 1213 a.c alcune tracce di polline di Cannabis furono trovate nel sarcofago di Rameses II, essendo la pianta conosciuta all’epoca per le sue proprietà antidepressive.

Dall’Asia all’Europa
La Cannabis si estese in Medio Oriente tra il 2000 a.c e il 1400 a.c e fu probabilmente importata dagli Sciiti, un gruppo nomade di origine Indo-Europea. Gli sciiti portarono la pianta anche nel sud-est della Russia e in Ucraina, in quanto occuparono quei territori per anni.

Le tribù germaniche portarono la Cannabis in Germania mentre nella Gran Bretagna fece il suo ingresso nel quinto secolo grazie alle invasioni anglosassoni.
Gli Spagnoli portarono la marjuana nelle Americhe a metà del 1500 e gli Inglese la commerciarono insieme al tabacco nella prima metà del 1600. Nel 1799, Napoleone portò la cannabis in Francia dall’Egitto introducen-dola nella società francese per le sue qualità rilassanti e sedative.

La Cannabis in Italia
canapa-storia-origineCrescendo in climi temperati e umidi la Canapa ha sempre trovato terreno fertile in Italia, dove fu utilizzata per millenni. Ad esempio nel Canavese (che prende questo nome proprio dalla Canapa) in Piemonte vennero ritrovate pipe preistoriche e all’interno di esse tracce di fiori della canapa.

Dal settimo secolo a.C. la Penisola vide una grande presenza degli Etruschi i quali, spingendosi verso il Piemonte e l’Emilia Romagna ed essendo prevalentemente un popolo di agricoltori influenzarono tutto il territorio fertile della Pianura Padana con le loro innovative tecniche di coltivazione.

La Canapa era infatti utilizzata dagli Etruschi come coltura fondamentale per fertilizzare i terreni ed era nota per le sue proprietà bonificatrici. Successivamente, grazie alle coltivazioni di Canapa che sorsero nelle pianure del casertano, del pontino, dell’area del ferrarese, della piana trevigiana e della campagna di Carmagnola le repubbliche marinare furono in grado di estendere il loro dominio nei mari attingendo proprio dalla Canapa per la fabbricazione di vele e cordami resistenti ed economiche.

Dal 1300, la Marina Inglese comprava dall’ Italia la materia prima per le loro corde e vele riconoscendola da sempre come la migliore al mondo.

Nel 1910 nella sola Emilia Romagna vi erano 45.000 ettari di terreno coltivati a canapa, soprattutto nel Ferrarese, mentre il dato complessivo di tutta Italia portava la superficie a 80.000 ettari.

Nel 1914 la provincia di Ferrara produceva 363.000 quintali di canapa, da aggiungersi ai 157.000 della provincia di Caserta, ai 145.000 della provincia di Bologna e agli 89.000 presenti nel napoletano.

Negli anni ’50 l’Italia era il secondo maggior produttore di canapa al mondo, seconda solo all’Unione Sovietica, con ben centomila ettari coltivati. Poi, a causa della forte industrializzazione che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche il mercato della Canapa in Italia ha subito una battuta d’arresto.

Agli inizi del 2017 però su proposta del Movimento 5 Stelle, con Loredana Lupo in quanto prima firmataria e successivamente di Adriano Zaccagnini (Sel), Nicodemo Oliverio (Pd) e Dorina Bianchi (Area Popolare), è entrata in vigore la legge che incentiva la coltivazione della Cannabis sativa. A detta del Ministro per le politiche agricole Maurizia Martina la Canapa sarebbe infatti una coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e a combattere la desertificazione e la perdita di biodiversità.

canapa Nome comune di diverse varietà di Cannabis sativa, specie appartenente alla famiglia delle Cannabacee, annua, con radici fittonanti e fusti eretti, alti da pochi cm fino a più di 5 m, foglie palminervie opposte o alterne, stipolate e lungamente picciolate, composte da 5-11 foglioline lanceolate. È dioica: negli individui maschili i fiori sono disposti in pannocchie terminali o ascellari; nei femminili in glomeruli raccolti in una infiorescenza compatta. Le piante maschili presentano fusti più slanciati, internodi più lunghi, fibra più fine, e maturano e disseccano alquanto prima: il rapporto fra le quantità dei due sessi è circa 1 con leggera prevalenza di individui femminili.

Con il nome di c. sono indicate anche le fibre tessili di altre piante molto diverse: la c. del Bengala, o c. sun, o c. san, data dalle fibre corticali dei fusti giunchiformi, alti 2-3 m, di alcune Crotalarie originarie dell’India; la c. di Bombay o del Deccan o di ibisco, ricavata dalla corteccia di Hibiscus cannabinus e di altre specie dei paesi tropicali; la c. di Giava o c. rosella, ottenuta dai fusti di Hibiscus subdariffa, coltivato a Giava, nell’India e in altre regioni tropicali. Tutte queste fibre hanno molte delle applicazioni della c., pur essendo meno pregevoli

Origine e coltivazione:

La c. è originaria dell’Asia centrale, da cui si diffuse, fin dalla più remota antichità, in Cina e poi in Europa; era nota ai Romani. Oggi è coltivata in Francia, in Russia, nei paesi dell’Europa orientale (Ungheria, Polonia, Romania, Bulgaria) e dell’Asia meri;dionale (India e Pakistan) e orientale (Cina, massimo produttore mondiale) per la produzione della fibra e per quella dei semi, utilizzati per ricavarne l’olio di canapa. In Italia la coltivazione della c. è scomparsa, nonostante fosse molto sviluppata in Emilia e in Campania, specialmente nelle province di Napoli (Frattamaggiore) e Caserta (Aversa), dove si produceva la migliore c. del mondo.

La semina della c. si fa in marzo, a righe molto fitte per ottenere fusti alti e non ramificati e quindi fibra più lunga e più fine. Le coltivazioni da seme destinato alla riproduzione si possono fare in appositi campi (canapacciaie), altrimenti negli ordinari campi da fibra si lasciano, dopo la raccolta, alcune piante femminili che rimangono fino alla maturazione del seme. La raccolta della fibra si fa tra la fine di luglio e i primi di agosto, tagliando le piante al piede oppure estirpandole; dopo essiccamento al sole, che avviene sul posto, le piante si liberano dalle foglie e dalle infiorescenze.

Lavorazione, filatura, produzione:

la c. giunge allo stabilimento (canapificio) sotto forma di balle, di mannelli o rotoli di filacce ottenute dalla pianta nelle lavorazioni compiute dalle aziende coltivatrici. La prima operazione è l’assortimento, che serve a classificare le fibre secondo la loro qualità: colore, morbidezza, lunghezza. Segue l’ammorbidatura, che mediante un riscaldamento per frizione tende a sciogliere le sostanze agglutinanti e a favorire la separazione delle fibre elementari. Le fibre, lunghe da 1,50 fino a 3,50 m, vengono tagliate in pezzi di circa 70 cm (quelli ottenuti nella parte centrale, migliori di quelli ricavati alle estremità, vengono tenuti separati). Si procede poi alla pettinatura, fatta per mannelli di circa 300 g, operata con macchine automatiche (pettinatrici), che formano un nastro continuo di fiocchi. Seguono l’accoppiamento, con il quale un certo numero di nastri viene riunito in un unico nastro, e lo stiro per portare il nastro alla grossezza voluta. Un’ulteriore stiratura con un principio di torcitura viene data al nastro sul banco a fusi e, dopo un passaggio in acqua calda, il semitorto passa al filatoio. Il titolo del filato è 1 quando 30.000 yard pesano 100 libbre, ovvero 27.420 m pesano 45,36 kg; il filato di titolo 2 pesa, a pari lunghezza, la me;tà, quello di titolo 10 un decimo, e così via.

La produzione mondiale delle fibre di c. occupa una posizione marginale nella produzione mondiale di fibre naturali (lo 0,3% del volume totale nel 2003) e nel 2006 non sono stati registrati aumenti. I principali paesi produttori sono la Cina e la Corea del Sud, che contribuiscono alla produzione mondiale per più della metà. In costante incremento il rendimento unitario.

Dai cosiddetti semi di c. (in realtà il frutto della c.) si ottiene, per pressione o a mezzo di solvente, l’olio di c. (o di canapuccia), composto principalmente di acidi grassi insaturi (oleico, linoleico ecc.); è usato soprattutto come essiccativo. Canapa indianaNome comune di Cannabis sativa var. indica, che è ritenuta talora specie a sé (Cannabis indica); differisce dalla varietà tipica per la maggiore ricchezza di resina secreta dai peli ghiandolari che rivestono le brattee e le bratteole delle piante femminili e per la maggiore attività farmacologica. Le sommità fiorite delle piante femminili si usano in medicina per le loro proprietà sedative e analgesiche. La resina raccolta e riunita in masse costituisce il cherris o churrus; sommità e resina preparate in svariati modi costituiscono invece l’hashish. Foglie e inflorescenze, resina e olio di c. indiana sono sostanze stupefacenti (marijuana) i cui principi attivi, soprattutto il tetraidrocannabinolo, determinano una ebbrezza caratterizzata da senso di benessere, illusioni e allucinazioni di contenuto piacevole, alla quale subentra il sonno.

Cannabis sativa
Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/canapa
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Cannabis_sativa
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  • Posted on Febbraio 24, 2018
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24 Feb

Il Dizionario della canapa

    • Cannabis ‹kànnabis› s. f., lat. scient. [dal lat. cannăbis, gr. κάνναβις «canapa»]. – Genere delle cannabacee con le varietà sativa e indica
    • Cànapa s. f. (ant. o letter. cànape m. o f.) [lat. cannăbis, dal gr. κάνναβις; la voce lat. ebbe diverse varianti, fra cui anche, in lat. tardo, canăpe e canăpa]. – 1. a. Pianta annua, dioica, delle dicotiledoni amentifere, attualmente inclusa nella famiglia delle cannabacee (Cannabis sativa), a foglie opposte o alterne, composte da 5 o 9 o 11 foglioline lanceolate; i fiori sono disposti, negli individui maschili, in pannocchie terminali o ascellari, nei femminili in glomeruli raccolti in una infiorescenza compatta; il frutto è un achenio, correntemente detto seme di c., da cui si può ricavare un olio (olio di c.) usato nella fabbricazione di saponi e vernici, in passato per illuminazione, e che, se depurato, ha anche usi alimentari. Forse originaria dell’Asia centrale, la canapa è oggi coltivata in molti paesi a clima temperato e tropicale per la fibra che da essa si ricava, ma la sua produzione, a causa della concorrenza di alcune fibre artificiali, è in costante declino. b. Le fibre ricavate dalla Cannabis sativa (e anche da altre piante). c. Tessuto fabbricato con fibre di canapa, originariamente grosso, ruvido e irregolare, oggi, con speciali processi di raffinatura e imbiancatura, reso adatto alla confezione di vestiario, tovaglie, ecc. 2. C. acquatica: erba perenne delle composite tubuliflore (Eupatorium cannabinum), alta fino a due metri, comune nei luoghi umidi dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa boreale, popolarmente usata come colagogo, diuretico, purgante, ecc. 3. C. del Canada: erba perenne delle apocinacee (Apocynum cannabinum), alta da 50 a 120 cm, che cresce nell’America Settentr.; i suoi steli forniscono una materia tessile nota con lo stesso nome, usata per la confezione di cordami e di tele. 4. C. indiana: varietà di canapa (Cannabis indica ssp. indica), che differisce dalla canapa comune per caratteri morfologici (fusto cilindrico, anziché angoloso, colore delle foglie, achenio più piccolo, ecc.), per maggiore quantità di resina secreta e per la presenza di sostanze attive (derivati del cannabinolo) ad azione stupefacente; è stata utilizzata in medicina nel passato e lo è tuttora in alcuni paesi, anche se gli effetti terapeutici sono ancora in discussione. Dalle infiorescenze e dalle foglie si ottiene la marijuana, dalla resina l’hascisc (v.). 5. C. di Manila: altro nome dell’abacà.
    • Marijuana ‹märiu̯àanë› (o marihuana; ant. mariguan) s. angloamer. [voce di origine prob. spagnola, di etimo incerto], usato in ital. al femm. (per lo più con la pronuncia ‹mariu̯àna›). – Uno dei nomi con cui viene indicata in America e in Europa la droga ottenuta facendo seccare i fiori e le foglie della canapa indiana (Cannabis indica): generalmente fumata in sigarette o in pipe, procura uno stato di estatica euforia provocando modificazione delle percezioni uditive e visive e, in forti dosi, alterazioni del comportamento e delle funzioni psichiche.
    • La Cannabis Light è legale se ha il THC inferiore allo 0,2% ed è permessa un’oscillazione fino allo 0,6%. Si sa infatti che le genetiche della Sativa da cui si trae la Light sono state ottenute con metodi agronomici innovativi basati su accurati studi botanici che hanno implicato molte ricerche internazionali protrattesi per quasi una ventina di anni con ampie sperimentazioni “sul campo”. In questo modo è stato possibile dare origine a varietà tanto depotenziate dal punto di vista degli effetti sulla psiche da non poter più essere considerate degli stupefacenti. Anche se c’è da specificarlo, non è la Cannabis in sé ad essere vietata, ma la presenza della sostanza psicotropa del THC (AKA Delta-9-tetraidrocannabinolo).Possiamo stare tranquilli, non è un’erba da sballo, non è solo una moda, non è passaparola per alimentare il chiacchiericcio, ma allora, cos’è? La riposta non è univoca, noi però proveremo a darne una che cerchi di spiegare il valore di questo bene, che non sia associabile all’illegalità.
    • Psicoattivo agg. [comp. di psico– e attivo]. – Detto di sostanza che agisce sui processi psichici, sinon. di psicotropo.
    • Psicòtropo agg. e s. m. [comp. di psico– e –tropo]. – In medicina e farmacologia, di sostanza che agisce sulle funzioni psichiche; per farmaci p. si intendono tutte le sostanze dotate di attività farmacologica selettiva sulle funzioni superiori del sistema nervoso centrale, che, in base agli effetti che determinano, vengono distinte nelle tre categorie principali di psicoanalettici, psicodislettici e psicolettici. Come s. m.: è un paziente che fa uso di psicotropi.
    • Il delta-9-tetraidrocannabinolo (detto comunemente THC, delta-9-THC o tetraidrocannabinolo) è uno dei maggiori e più noti principi attivi della cannabis, e può essere considerato il capostipite della famiglia dei fitocannabinoidi.È una sostanza psicotropa prodotta dai fiori di cannabis, può essere ingerito, comunemente fumato o inalato grazie ad un vaporizzatore. Con proprietà antidolorifiche (Es: farmaci contenenti THC come il Sativex o il Bedrocan, sono usati per il trattamento del dolore), euforizzante, antinausea, antiemetiche, anticinetosico, stimolante l’appetito, che abbassa la pressione endooculare, ed è capace di abbassare l’aggressività.[1]È stato isolato da Raphael Mechoulam, Yechiel Gaoni, e Habib Edery dall’istituto Weizmann, Israele, nel 1964. In forma pura, a basse temperature, è un solido vetroso, di color viola, diventa più viscoso e appiccicoso se riscaldato. Il THC ha una bassissima solubilità in acqua, ma buona solubilità nella maggior parte dei solventi organici.
    • Cannabinoidi
      Classe di sostanze che comprende il cannabinolo e i composti a esso strutturalmente correlati. Il cannabinoide più importante è il tetraidrocannabinolo (THC) presente nella canapa indiana (Cannabis sativa), principio attivo della marijuana. Il suo effetto sul sistema nervoso centrale è generalmente di rallentamento dei processi cognitivi e di sedazione.
      Gli effetti collaterali dipendono anche dalla via di somministrazione (più rapidi e a concentrazione elevata a livello cerebrale se l’assunzione avviene con il fumo, più lenti e prolungati per via orale). Possono comunque presentarsi effetti diversi in base al tipo di utilizzo: per inalazione attraverso il fumo (paranoia, tachicardia, palpitazioni, tosse, broncocostrizione, ipotensione ecc.), per somministrazione orale (ipotensione, confusione, disorientamento spaziotemporale, tremore, debolezza muscolare, euforia, disforia, atassia, aumento dell’appetito), per via parenterale (dolori addominali, crampi alle estremità inferiori, nevralgia facciale, rash).
      In una piccola percentuale di pazienti (10%), l’ingestione di cannabinoidi ha comportato problemi più seri, quali allucinazioni, astenia, parestesia, amnesia, sincope, incontinenza fecale, tachicardia, mania, incubi, letargia, emicrania, psicosi, ritenzione urinaria, ipertensione, eccessiva sudorazione, disfagia.
      Alcuni cannabinoidi sono stati impiegati anche in terapia medica con diverse indicazioni. La loro efficacia come antiasmatici, o come antiemetici, nel glaucoma ad angolo aperto, nella sclerosi multipla, nell’ansietà, nell’insonnia e nella depressione è riconosciuta, mentre il loro uso in farmacologia è stato lungamente dibattuto. Esistono, inoltre, problemi oggettivi legati all’uso di alcuni di essi in quanto il THC è poco solubile in acqua, poco stabile e ha una lunga emivita.
    • Il cannabidiolo (CBD)
      è un metabolita non psicoattivo della Cannabis sativa. Ha effetti rilassanti, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti, antinfiammatori, favorisce il sonno ed è distensivo contro ansia e panico. Si è rivelato inoltre in grado di ridurre la pressione endooculare ed è un promettente antipsicotico atipico.
    • Il CBD potenzia l’efficacia analgesica del THC prolungandone la durata di azione (attivando la pathwayserotoninergica a livello del rafe dorsale) e al tempo stesso ne riduce gli effetti collaterali su frequenza cardiaca, respirazione e temperatura corporea.In particolare il CBD interagisce come antagonista verso i recettori GPR55, verso i recettori vanilloidi TRPV1 e TRPV2 e come agonista verso i recettori per la serotonina 5-HT1a [4][5]. Il cannabidiolo è inoltre un antagonista, non specifico, dei recettori cannabinoidi CB1 e CB2, dei recettori μ-oppioidi (MOR) e δ-oppioidi (DOR) e di altri neurotrasmettitori.
    • I cannabinoidi o cannabinoli sono sostanze chimiche di origine naturale e biochimicamente classificati come terpenofenoli. Sono composti accomunati dalla capacità di interagire con i recettori cannabinoidi.
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news Buenavita cannabis Milano
24 Feb

Cannabis light e ritiro della patente di guida: la verità

Perché positività ai test e ritiro della patente non vanno di pari passo

Dopo aver discusso le norme legislative che sanciscono l’indubbia legalità della cannabis light e dei prodotti a base di cannabidiolo vogliamo parlare del rischio di risultare positivi ai test antidroga effettuati ai guidatori dalla polizia stradale. La domanda è lecita: consumare prodotti a base di cannabis light può comportare una sospensione della patente?

Rinfreschiamoci la memoria: la differenza tra cannabis e cannabis light

La cannabis light contiene alti valori di cannabidiolo e bassi valori di THC (tetraidrocannabinolo). Anche se THC e CBD fanno entrambi parte della famiglia dei cannabinoidi, hanno tuttavia effetti diversi sul nostro corpo. Il THC ha effetti psicoattivi, mentre il CBD presente con percentuali importanti nella cannabis light, non è psicoattivo, ed è una sostanza legale e benefica. I prodotti a base di cannabis light certificati che troverete in vendita in Italia avranno sempre un livello di THC inferiore allo 0,6%, limite per la legalità del prodotto.

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Cannabis light e rischio di positività ai test

Affermare che non esiste il rischio di risultare positivi quando viene effettuato un test specifico per la ricerca di sostanze stupefacenti nel sangue o nelle urine ad un guidatore che abbia consumato cannabis light, sarebbe una leggerezza di quelle che noi di CBWeed vogliamo proprio evitare.
Anche se tante aziende del settore in questi mesi hanno spesso rassicurato i propri consumatoriaffermando che il consumo di cannabis legale non comporta alcun rischio di risultare positivi ai test, noi vogliamo approfondire una questione decisamente spinosa che purtroppo non è al momento trattata dalla legge in modo chiaro e definito. Infatti consumare cannabis ligh in abbondanti quantità e mettersi immediatamente alla guida può comportare dei rischi.
Le analisi effettuate non identificano direttamente la presenza di THC, ma del suo principale metabolita, chiamato THC-COOH, prodotto quando il fegato elabora il THC. Queste sostanze di scarto rimangono nel corpo per molto più tempo del THC stesso. La vera domanda è quanto THC occorre assumere per raggiungere la soglia? Ebbene non esiste una risposta univoca, visto che il risultato dipende molto dal metabolismo personale. La quantità di prodotto consumato può anche alterare la finestra di tempo nella quale il corpo conserva tracce di THC.

Prodotti con bassi livelli di THC sono garanzia di risultati negativi?

Ecco una cosa certa. No, non esistono dati scientifici confermati che garantiscano che livelli inferiori di THC determinino con assoluta certezza la negatività ai test, sempre a causa della forte componente personale dello smaltimento di THC dell’organismo ma anche del quantitativo di prodotto consumato. Quindi prodotti con livello di THC di 0,2% sono comunque rischiosi in caso di esame specifico alla ricerca di sostanze stupefacenti.

Positività ai test non significa ritiro della patente!

L’importante è sapere che una positività ai test non è sufficiente per attivare il ritiro della patente, infatti la Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che la semplice positività al test delle urine o del sangue non è prova sufficiente per attuare la sanzione, proprio perché non significa con certezza che il guidatore fosse sotto effetto di sostanze al momento della rilevazione, ma la positività può essere esito di consumi avvenuti nei giorni precedenti. Se le forze dell’ordine attuano una sospensione cautelativa della licenza di guida in seguito a rilevazione positiva, questa scelta deve essere comunque rettificata da un medico. È quindi quest’ultimo che deve confermare che il guidatore fosse al momento del fermo in condizioni di alterazione psico-fisica. Se il medico non conferma questa eventualità, la sanzione può essere impugnata con esito positivo per l’automobilista.

Ci si auspica che a breve le autorità possano mettere a punto delle linee guida e normative idonee che permettano di fare la necessaria chiarezza su un argomento tanto delicato quanto controverso come quella del ritiro della patente di guida. Il mondo della cannabis light è ancora troppo deregolamentato, soprattutto per noi che amiamo chiarezza e trasparenza.

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